Il giornalista Renato Farina dedica ben una pagina di “Libero” (6 agosto 2020) a un articolo intitolato ” La psicoanalisi è fallita”. Come dire la locomotiva a vapore è fallita.
Mi stupisce che una persona colta possa scrivere, quindi pensare, queste cose. Il nostro cita commenti sfavorevoli di Elsa Morante (1912-1985) e di Woody Allen, e ritiene la psicoanalisi “quella del lettino”. Dai tempi di Freud, la cui “psicanalisi ortodossa” è stata definita dal grande Musatti ”sadomasochistica” (detto personalmente a me), gli interventi psicoterapici hanno subito molte definizioni. I capisaldi sono la psicoterapia analitica – junghiana- e la psicoterapia individuale – adleriana. Da qui, come sono mutate le condizioni e i problemi delle persone, così si sono evolute le tecniche psicoterapiche. Oggi, nella corsa alle scorciatoie, i rivoli sono tanti: cognitivo-comportamentale, sistemico-relazionale, psicodinamica, rogeriana, e chi più ne ha più ne metta. Seguite a ruota da musicoterapia, ippoterapia, eccetera. In realtà i bravi psicoterapeuti sanno lavorare in modo diverso a seconda delle necessità di chi stanno curando, spesso a seconda dei tempi diversi della stessa persona.
Fra i capostipiti, il più terapeuta e il più attuale è senz’altro Alfred Adler, che il bravo Farina ignora, come la maggior parte delle persone. Non è questa la sede per spiegare la teoria e neppure la pratica adleriane.
Male ha fatto la volgarizzazione della parola “psicoterapia”, come tutte le volgarizzazioni, e ciò ha aumentato il potere delle case farmaceutiche, che erogano pacchi di ansiolitici e antidepressivi a chi – come i bravi medici di base sanno – gioverebbe invece o in abbinamento una buona psicoterapia.
Da parecchio tempo si è scoperta la plasticità neuronale: la capacità cioè del cervello di modificare struttura e funzionalità a seconda degli stimoli esterni. Dice Vittorino Andreoli: ”Dopo qualunque incontro, il cervello è un po’ modificato”. Anche la parola ha un effetto fisico. Quando poi un avvenimento o uno stimolo vanno a stimolare circuiti di memoria del passato, si scatenano le emozioni di allora, e non si comprende il motivo dell’angoscia, dell’ansia, della paura. Psicoterapia vuol dire anche riconoscere e riposizionare nel tempo memorie apparentemente dimenticate. Cita il nostro Farina un biologo e uno storico della scienza, che di psicoterapia non hanno la minima idea fondata su esperienza e formazione, e infatti paragonano a una caramellina consolatoria la psicoterapia. Confondendo psicoterapia con gli interventi di chi fa le carte o di chi regala placebo. Che vergogna! Questo articolo oltre a evidenziare un’ignoranza integrale dell’argomento, può essere dannoso. Farina dovrebbe scusarsi. Con gli psicoterapeuti, con i pazienti, con la scienza che nonostante in questo campo sia embrionale ne va dimostrando sempre più l’influenza sul complesso sistema che determina personalità, stile di vita, emozioni, decisioni. Potrei interpretare i motivi per cui una persona può scrivere un simile pezzo, ma non lo faccio, perché interpretare chi non lo chiede è una violenza. Non posso neppure in un articolo, spiegare una realtà complessa come la psicoterapia, la cui pratica corretta richiede una lunga formazione, un talento innato, una forte coscienza etica. La descrivo – un po’ – con una poesia.
Cos’è la psicoterapia
Per definizione, ogni intervento che non comprenda cure farmacologiche.
Quindi, in teoria, anche una capriola può essere psicoterapia!
Il che in parte è vero, perché il nostro plastico cervello modifica qualcosa in continuazione, in funzione di ciò che succede.
La realtà è difficile da descrivere, impossibile da comprendere in teoria.
RIporto una definizione in poesia:
PSICOTERAPIA
Percorrere sentieri antichi
a togliere dalle trappole
la paura impigliata,
incontrare gli incontri passati
per capire
come li hai voluti,
i perduti
per sapere perché.
Tirar fuori dai nascondigli
i tesori, i rifiuti e i furti,
per dare a ogni cosa
il suo nome.
Tessere frammenti di luce
in una lampada grande,
che illumini bene
la strada.